GLI INIZI - IL PERIODO VENEZIANO
Fiore Brustolin (la chiamiamo così fino al 1929 quando, sposatasi con Giorgio Zaccarian, ne prese il cognome, firmandosi in genere Fiore B. Zaccarian) era l’allieva prediletta di Ettore Tito.
[...] L’insegnamento all’Accademia era severo, chiuso in una tradizione sentita come un peso immanente: nessuna apertura verso le novità che allora dilagavano a Parigi o a Vienna. A cinquant’anni di distanza dalla loro comparsa gli Impressionisti erano ancora poco conosciuti; Van Gogh e Gauguin venivano ignorati; Picasso e il cubismo apparivano come autentiche bestemmie.



Ettore Tito negli ultimi anni era particolarmente austero e rigoroso nella sua linea antimodernista. Impediva ai suoi allievi persino di passare alla pittura prima di essersi esercitati nel disegno dal vero o dal modello accademico. [...]
Con Tito erano allora i Ciardi, Milesi, Fragiacomo, Laurenti, Brass, Selvatico a dominare la scena. Resistevano sui loro troni vacillanti, mentre a Milano Margherita Sarfatti lanciava il “Novecento” e si imponeva la nuova pittura plastica e robusta dei Carrà e dei Sironi. A Venezia si insegnava ancora il gusto per la bella pennellata, unitamente alla “correttezza” della forma.
[...] Quando nel 1927 Virgilio Guidi subentrò a Tito nella cattedra all’Accademia, fu una vera e propria sommossa: i vecchi artisti si scagliarono pressoché unanimi contro il neoquattrocentismo sintetico e luminoso del maestro romano (e nel 1934 Guidi fu letteralmente scacciato da Venezia).
Occorre ben tenere presente, sia pure in sintesi, questa situazione artistica a Venezia, per capire le fonti della pittura di Fiore Brustolin. È stato, quello dell’Accademia, il suo periodo più “oscuro”. Infatti, quando dopo la venuta di Guidi a Venezia (appunto nel 1927) si instaurò una dialettica vivace, la giovane pittrice di Piove dapprima si sposò e poi si trasferì col marito a Genova, tornò per qualche tempo a Venezia, quindi a Milano e infine (nel 1933) si stabilì definitivamente, trentaduenne, a Roma.
Che avesse qualità di autentica pittrice lo confermano varie fonti e, soprattutto, le pur non molte opere che si conservano del periodo veneziano. [...] C’è una vasta raccolta di fogli di quel periodo (addirittura dal 1914) con saggi accademici e particolari dal vivo, soprattutto di vegetali e anche animali.
La derivazione da Tito, ma anche da Milesi, è evidente. Il segno corre a fasci, secco e preciso, senza pentimenti, e via via diventa più sicuro con la serie dei ritratti che sono veramente superbi, degni dei maestri cui si riferivano. Per la pittura [...] i riferimenti sono più tardi, cioè quasi tutti susseguenti al periodo dell’Accademia (conclusosi nel 1923). Essi sono di due ordini: da una parte le composizioni di figura, in cui rimane l’insegnamento accademico; dall’altra i dipinti, di minori dimensioni, di soggetto in genere veneziano e paesistico.







Uva nera - 1922
Olio su tela - Roma, Collezione dell'artista






La monella - 1924
Olio su tela - Bassano del Grappa, Museo Civico

[...] intorno al 1920-22 Fiore Brustolin ha una padronanza del linguaggio pittorico degna di un consumato maestro. Ne sono testimonianza due opere all’incirca di quegli anni: L’acconciatura e Uva nera. Il riso splendidamente descritto delle due fanciulle, la freschezza dell’impianto, la scioltezza della pennellata (soprattutto nella prima delle due opere) sono di prim’ordine. È chiaro che la giovanissima pittrice s’era aperta al di là dell’insegnamento di Tito: aveva conosciuto, direttamente o indirettamente, i quadri di Zorn, Sorolla y Bastida, Brangwyn, Zuloaga ed altri celebri pittori che trionfano alle Biennali veneziane.


La monella (1924)
Il ritratto della monella, in abitino azzurro, con colletto di pizzo, scarpine bianche, seduta con le gambe incrociate su un cuscino ricamato, tipico esempio dei ritratti di bambino eseguiti per gli ambienti borghesi, è appunto un classico della ritrattistica di Ettore Tito.


Certo il quadro più importante della giovinezza di Fiore - un autentico capolavoro - è un grande telero intitolato La vendemmia (1926). L’impronta di Tito è evidente, sia per gli scorci che per la scioltezza corsiva della pennellata, dai tipici effetti di luce. [...]
L’azione del dipinto si svolge all’aperto ed è incentrata sul tino, sopra il quale un paffuto bambino siede sorretto da una ragazza. È lui il fulcro del dipinto e sulla sua realizzazione plastica e luminosa si concentra l’attenzione dell’osservatore. La trama di vegetazione fa da scenografia a tutta la rappresentazione. La resa coloristica, improntata sulla variazione del verde ed espressa con un’alternarsi di brevi tocchi a macchia, fornisce al dipinto una certa superba qualificazione, arricchita da una finezza di figure rese con stesure levigate e compatte, che impegnano l’artista in questa sua prova fondamentale.







La vendemmia - 1926
Olio su tela - Roma, Collezione dell'artista








Venezia - Maggio a Rio Marin - 1924
Olio su tela - Roma, Collezione dell'artista

È sintomatico che, quando il soggetto sono Venezia o il paesaggio, e le dimensioni si rimpiccioliscono, prevale un timbro più impressionistico, sciolto e rapido, pronto a catturare il fenomeno della luce instabile. [...]
Venezia. Vento e neve a Santa Croce - probabilmente del 1929, “l'anno del giasso”, cioè del ghiaccio, come dicevano i veneziani - è alla pari dei più riusciti scorci di quello che allora a Venezia era considerato l’enfant prodige del nuovo vedutismo, Seibezzi. La ragazza piovese aveva una prensilità stilistica straordinaria: lo conferma Venezia. Vista della Salute (1927 o 1928) che rivela quanto ella sia stata in grado di capire subito il linguaggio innovativo del tanto discusso Virgilio Guidi, arrivato a Venezia, come s'è detto, nell'aprile 1927.
Ritratto di Giorgio Zaccarian
La qualità squisita di questo ritratto, riferibile al 1929, anno in cui gli Zaccarian si trasferirono a Genova, denota con chiarezza la strada che Fiore stava intraprendendo nella sua carriera artistica.
[...] Sulla grande massa scura, giocata sulle variazioni del marrone, risalta il viso giovane e scarno e la lunga mano, abbandonata sulla gamba. Ha tutta l’aria di un ritratto ufficiale. Ma l’abbigliamento denota, invece, l’occasione del dipinto, realizzato in un momento di intimità familiare, ma, nello stesso tempo, molto importante.






Ritratto di Giorgio Zaccarian - 1924
Olio su tela - Piove di Sacco,
Foyer del Teatro Filarmonico Comunale







Cavolo gigante - 1927
Olio su tela- Padova, Musei Civici agli Eremitani



Va sottolineato che fin da allora Fiore dipingeva quasi esclusivamente dal vero: rifiutava cioè gli accademismi e le “scuole”.
[...] sperimentava tempere e oli, imprimiture e velature, si preparava da sola i colori, studiava a fondo ogni pur minimo effetto negli accostamenti dei toni, nei contrasti timbrici, nelle sovrapposizioni, nelle sfumature (in genere ocra) dei fondi.
Una splendida conferma ci viene da una natura morta del 1927: quel Cavolo gigante che è un pezzo di bravura impressionistica, vicino a quanto allora facevano appunto Neno Mori, Da Venezia e gli stessi Novati e Varagnolo.


[...] Sorprende, quindi, il suo successo “professionale” fin dagli inizi: i premi all'Accademia, la predilezione di Ettore Tiro, l’apertura di un corso d’insegnamento privato, l’accoglienza precoce alle collettive della Bevilacqua La Masa (1926 e 27), la prima personale nel 1922 a Pieve di Cadore, l’acquisto ufficiale nella Mostra dei giovani artisti al Lido (nuova sede dell'Opera Bevilacqua La Masa) alla quale partecipò con diciassette quadri nel 1926, nonché la borsa di studio che, finiti gli studi all’Accademia, la portò nel 1925 a Parigi.





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